Combinazioni che arredano
È una delle qualità imprescindibili di un buon arredatore. La capacità di aggregare gli oggetti in sequenza è uno dei talenti più importanti e meno raccontati in tema di case. Si tratta di una rarità. Perché quasi tutti si limitano al singolo elemento. Molti sono capaci di giudicare un mobile o un dettaglio d’arredo in termini estetici. Ma quel singolo elemento – magari bellissimo, raro e costoso – non fa in sé alcuna differenza. È come una semplice parola. Che non vale in sé ma che acquisisce un senso, una ragion d’essere e adeguato risalto solo se utilizzata all’interno di una frase compiuta e ben formulata.
Potremmo dire – senza forzatura alcuna – che realizzare una bella casa è un po’ come scrivere singole frasi concatenate fra loro. Un singolo ambiente è come un racconto scaturito dalla giustapposizione di singole frasi. E l’intera casa può essere considerata come un libro articolato in capitoli – ovvero le singole stanze – che possono essere autonomi (per i meno esperti) o, a loro volta, concettualmente raccordati fra loro (capacità che è prerogativa delle figure in possesso di un senso estetico al di fuori del comune, che può essere spontaneo o coltivato).
Per tonificare la capacità di raccordare fra loro singole “parole”, singole “frasi” e singoli “racconti” è sufficiente allenarsi alla creazione ragionata di un piccolo angolo domestico, provando a variare la disposizione dei singoli elementi. Un compito che diventa ancor più agevole nel caso di oggetti raccordati concettualmente fra loro. Realizzare sequenze di oggetti simili è il modo più istruttivo e divertente per acquisire piena consapevolezza delle infinite possibilità combinatorie e per maturare un approccio realmente personale e consapevole alla grammatica dell’arredamento.
Un altro esercizio facile, divertente e, forse, ancor più illuminante è allenarsi a osservare le sequenze create da altri e provare a comprenderne la logica sottesa.
Esporre VS Arredare
Uno dei primi elementi da considerare è la differenza che esiste fra “esporre” e “arredare”. La linea di confine è sottilissima. Potremmo dire che la frontalità verticale accentua sempre la dimensione espositiva. Ma una casa non è un negozio. E per mitigare l’effetto “rivendita” è opportuno renderlo più affettuosamente “casuale”. Com’è stato fatto in quest’angolo che assembla cartoline a immagini d’antan. La frontalità geometrica delle illustrazioni superiori è smorzata e addolcita dalle cornicette adagiate sul piano d’appoggio orizzontale. Quelle sullo sfondo incarnano la dimensione “espositiva”. Quelle in basso rappresentano lo spirito più spontaneo e “affettuoso” che è prerogativa dell’arredamento domestico.
Pari o dispari?
Un’altra regola ben nota agli arredatori riguarda il numero di oggetti da raggruppare in sequenza. Le composizioni in numero pari accentuano una percezione di simmetria frontale, elegantissima ma recepita come troppo studiata e, dunque, fredda. In ambito domestico – ma non solo – è meglio puntare sui numeri dispari. A cominciare dal tre, il numero perfetto. Le sequenze di tre oggetti acquisiscono un effetto più dolcemente casuale. L’elemento centrale diventa dominante, creando una gerarchizzazione virtuale tra i singoli elementi (richiamando l’attenzione allo stesso modo di una frase ben intonata). E innestando una semicircolarità che ha il sapore di un abbraccio. Com’è stato fatto per le tre sveglie vintage alloggiate in questa nicchia. Due sarebbero risultate insufficienti per evocare una sequenza. Quattro sarebbero risultate eccessive. C’è anche un quarto orologio. Ci riferiamo al cipollotto del nonno, collocato strategicamente decentrato e sulla sommità. Una piccola sorpresa. Come una ciliegina sulla torta.
Simmetria sospesa
Come annotavamo, le composizioni di oggetti in numero pari appaiono più ragionate e concettualizzate rispetto a quelle dispari. Ma trovano una precisa ragion d’essere per le collezioni in posizione periferica, laterale o marginale. È il caso di questa mensola sopraelevata, che, per acquisire risalto, necessitava di oggetti distribuiti ordinatamente proprio per catturare l’attenzione e distinguersi dal mare magnum di altri elementi d’arredo. I quattro taglieri simmetricamente disposti assecondano a meraviglia l’intento.
L’ordine nel disordine
A livello contestuale, la presenza di oggetti raggruppati in sequenze concorre a suggerire una percezione di ordine visivo. È il caso di questa cucina sovraccarica di oggetti. La collezione di caffettiere collocate sulla sommità dell’architrave, i taglieri appesi e abbracciati dalle ceste di vimini fanno una enorme differenza. Diventano perni visivi. In assenza di questo gioco di assonanze, di rimandi e di richiami concettuali, l’ambiente sarebbe risultato incredibilmente caotico e infinitamente più dispersivo. Fateci caso.
Divagazioni concettuali
Una tecnica per rendere brillanti – e doppiamente efficaci – le sequenze di oggetti consiste nell’alloggiarli là dove non ci si aspetterebbe di trovarli. Come è stato fatto per questa collezione di annaffiatoi vintage. Non sono stati collocati per terra, come avrebbero fatto i meno fantasiosi, bensì ordinatamente alloggiati in alto, su una trave. Da semplici elementi funzionali si trasformano in oggetti decorativi. E i tocchi floreali suggellano e incrementano strategicamente l’effetto.
Destabilizzazioni prospettiche
Una piccola collezione di ferri da stiro. Invece di disporli frontalmente e linearmente – come avrebbero fatto in tanti –, la padrona di casa li ha collocati sfalsati prospetticamente adagiandoli sui gradini. Una formula che promuove una sensazione di spontaneità domestica. E perfetta per le collezioni “work in progress”: nel momento in cui la padrona di casa troverà un altro ferro da stiro per integrare la collezione non dovrà far altro che adagiarlo sul gradino inferiore. E così via. Per tutta la scala.
Assonanze e dissonanze
Fra i virtuosismi consentiti alle figure dal senso estetico più evoluto, c’è la capacità di raggruppare in composizioni ordinate gli oggetti dalla conformazione diversificata. È il caso di queste cornici tutte diverse fra loro eppur accomunate da affinità tattili e cromatiche. Ne scaturisce un gioco di assonanze e dissonanze – di ordine e disordine, di continuità e imprevedibilità, di circolarità e quadrangolarità… – di grande impatto visivo. Ma è bene dire che soluzioni di questo tipo presuppongono una casualità solo apparente: la distanza, la distribuzione e lo spazio intorno ai singoli elementi possono nobilitare o, per contro, rendere del tutto inefficace il risultato.
Ordine imposto
L’importanza del ritmo
Mantenere il ritmo è un imperativo in ambito musicale e, talvolta, anche in ambito domestico. Nelle seguenti fotografie, le sequenze hanno dovuto far tesoro della presenza di vecchi supporti intercalati da ganci equidistanti. Una caratteristica che presupponeva una disposizione altrettanto ragionata degli oggetti da appendere. I padroni di casa ne hanno fatto tesoro, puntando in entrambi i casi su un gioco di elementi ascendenti e discendenti ordinatamente articolati su due livelli. Nel caso dell’appendi pentole a parete, c’è un guizzo in più: la grande pentola a sinistra che introduce la sequenza infrange e, nel contempo, rinvigorisce l’ordine dell’intera composizione.
La collezione è servita
Una preziosa collezione di cofanetti e piccoli scrigni d’antan. Oggetti tanto minuti e di conformazione tanto diversa presupponevano una sorta di “cornice” orizzontale capace di abbracciarli e raccordarli. E il prezioso vassoio in argento che li accoglie svolge proprio questa funzione. In sua assenza, la collezione – pur pregevole – sarebbe apparsa disordinata e “sghemba”.
Divagazioni cromatiche
Un eccesso di uniformità cromatica e tattile rischia di risultare pesante ed esteticamente efficace. Una collezione di oggetti in peltro, seppur sinuosi e di pregevole fattura, sarebbe apparsa sin troppo massiccia e “buia” (come nel caso della prima foto qui sotto). Per renderla sfiziosa e doppiamente brillante è sufficiente una divagazione cromatica (come nella seconda foto). Il contenitore verde, che richiama la conformazione degli oggetti vicini, rappresenta il piccolo guizzo che fa la differenza. Basta un unico elemento destabilizzante. Un secondo colore avrebbe banalizzato il tutto.