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La riscoperta della rete

La storia degli stili – come ben sanno gli appassionati d’arte – è ciclica. Ci sono corsi e ricorsi. E anche ciò che in determinate epoche sembra definitivamente consegnato al passato può insospettabilmente tornare in auge. Vale per tutti i linguaggi creativi. Arredamento compreso. E fra le “nuove” mode ci sono senza dubbio i mobili con vani e antine chiusi da maglie metalliche, in particolare le reti da conigliera. Una soluzione alternativa ai vetri e ai cristalli – talvolta lisci, altre volte zigrinati, satinatipolicromi – che hanno imperato negli ultimi decenni, scalzando le soluzioni funzionali ben più economiche come, appunto, le reti metalliche. Una soluzione che ricorreva anche negli arredi dell’Italia rurale del passato ma che tanti consideravano definitivamente superata. A rilanciare le reti da conigliera sono stati soprattutto lo shabby chic e le case di campagna della tradizione francese

Dispense con retina

La funzione di queste reti metalliche è profondamente mutata rispetto al passato. Soprattutto nei mobili da cucina. Sino a qualche decennio fa, queste barriere rappresentavano l’alternativa più economica e agevole per difendere il contenuto delle credenze e delle dispense dai roditori. Oggi, le retine applicate ai mobili della cucina svolgono un ruolo esclusivamente estetico, privo di vera funzionalità, considerando che queste barriere non offrono neppure il vantaggio di proteggere il contenuto della dispensa dalla polvere, dagli odori e dai residui di grasso. Un ruolo, questo, svolto ottimamente dal vetro o da normali antine chiuse (dove è sufficiente passare uno straccio per togliere la patina untuosa che si crea spesso e volentieri nelle cucine più vissute).

Biancheria arieggiata 

Al contrario dei mobili da cucina, c’è un settore in cui gli arredi cinti da reti – pur non ostacolando l’accumulo di polvere e l’ingresso di insetti – hanno mantenuto una loro legittimità. Parliamo dei mobili utilizzati per riporre la biancheria, che, così, risulta ben arieggiata, al riparo da ristagni di umidità e minimizzando il rischio di tarme (che rifuggono la luce e l’aria fresca). Di certo, questi mobili portabiancheria dovrebbero essere collocati in ambienti il più possibile asettici, puliti, privi di odori e, possibilmente, lontani dalla cucina. Magari in un corridoio, in un bagno, in un disimpegno o, possibilmente, in corrispondenza della zona notte.

Tesori sugli scaffali 

Un ambito in cui i mobili con reti metalliche hanno conosciuto una certa tradizione anche in Italia sono le librerie, gli uffici d’antan e gli archivi. Anche in questo caso l’espediente era utilizzato soprattutto per evitare l’ingresso di topi. A maggior ragione negli archivi pubblici, dove i documenti cartacei accumulati sono così numerosi da non consentire un costante e capillare controllo della loro integrità. Di certo, nelle normali librerie domestiche, le retine rappresentavano un “lusso” simbolico: proteggevano libri e documenti cartacei esaltandone la natura di tesori domestici. Queste barriere virtuali consentivano di leggere agevolmente le costine e identificare il volume da prelevare, “proteggendo” senza proteggere. Non è un caso che, nel corso del tempo, si siano sempre più diffusi gli scaffali aperti e, per i bibliofili più attenti alla conservazione dei loro tesori, di mobili libreria con antine vetrate o pannelli scorrevoli.

Mille tipologie di rete

Esistono varie tipologie di reti per mobili, a maglie più o meno strette e di materiali più o meno robusti. In teoria, per ogni destinazione d’uso era possibile far tesoro della barriera più appropriata. Scriviamo “era”, perché oggi questa soluzione è adottata per ragioni estetiche, disgiunte da qualsiasi motivazione funzionale, ricorrendo quasi esclusivamente alle reti da conigliera suggerite dallo shabby. Ma osservando con attenzione certi mobili della vera tradizione rurale si rimane colpiti dall’insolita varietà di barriere, talvolta in legno traforato, a listelli incrociati, in tessuto, con reti metalliche a maglie strettissime o vere e proprie inferriate a maglie larghe.

Sotto il portico

Un caso interessante riguarda gli arredi che, anticamente, venivano utilizzati in spazi di raccordo fra esterno e interno. Pensiamo ai mobili da fattoria, quelli contenenti i registri e i documenti relativi al lavoro, al raccolto, alla vendita… Spesso, questi mobili erano conservati sotto il portico, a debita distanza dalla stalla ma anche dagli ambienti domestici veri e propri. Le antine di questi arredi da fattoria dovevano essere cinte con barriere in grado di ostacolare l’accesso di roditori e scongiurare il rischio, seppur remoto, di manomissioni da parte di curiosi e malintenzionati.

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