CasAntica n°118 febbraio

Il mondo del recupero non riguarda solo costruzioni rurali, immerse in contesti paesaggistici dominati dal verde. E, doverosamente, CasAntica 118 estende lo sguardo anche a ricercatezze cittadine e di gusto nobiliare. Come la dimora di Lilly e David, un’elegante coppia che abita a Firenze, all’interno del Castello di Torregalli. Un contesto assai interessante: si tratta di un vecchio maniero oggi trasformato in condominio. Un secondo servizio toscano racconta un antico per certi versi complementare, assolutizzabile, privo di “interferenze” stilistiche riferibili a epoche specifiche. Si tratta di un casale di fine Seicento, in Val d’Orcia, ristrutturato in tempo record – ma senza lasciare nulla al caso – da una coppia romana. E, come talvolta succede, l’essenza regionale, in questo caso toscana, si rivela ancor più intensa e meglio caratterizzata quand’è rivisitata da chi è cresciuto altrove.

Oltre a questi due servizi complementari, ci sono due dimore valdostane che definiremmo letteralmente “contrapponibili”. La prima lambisce il passato remoto; la seconda guarda al futuro. La prima racconta un recupero ammantato di fascinazioni medievali e di affetto familiare. La seconda punta sullo sperimentalismo e su seduzioni inedite associate al legno in patina. E, ancora, la prima è stata ristrutturata in famiglia, da un papà antiquario e da una figlia restauratrice. La seconda è scaturita dalla creatività di un affermato architetto di Courmayeur e dal talento di un meraviglioso artigiano del legno.

C’è poi un recupero friulano. Si tratta di Villa Romano, complesso architettonico che la proprietaria, la contessa Marina Romano, ha valorizzato con incantevole progettualità. I vari corpi della villa raccontano tante tipologie d’antico: quello familiare, quello di rappresentanza, quello stilisticamente e artisticamente più caratterizzato… Per questo numero ci siamo soffermati su un piccolo annesso ribattezzato Museo dell’Arte vinaria, un nome che lascerebbe supporre un algido e impersonale approccio museografico. In realtà, il risultato è ammaliante, trasfigurato da tocchi d’amabilità domestica e da una consapevolezza estetica (tra sequenze di oggetti e cenni di ricercatezza) immediatamente recepibili dai veri appassionati d’antico.