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Cieli di legno

In numerose zone d’Italia, la dimensione strutturale del legno è associata alla tradizione alpina e, in generale, montana. In altre regioni, questo materiale sembra essere circoscritto a mobili e arredi. Qualcuno lo sceglie anche per i pavimenti, puntando su un caldo parquet, quasi sempre ai piani superiori. Ma si tratta di eccezioni.

Vale anche a livello artigianale: in pianura pullulano i falegnami che si occupano di mobili. Ma, quanto più si sale d’altitudine, tanto più l’artigianato del legno acquisisce una spiccata vocazione edile. Quella che si traduce in intere facciate, in ardimentosi terrazzamenti, in interni cinti da calde boiserie

Eppure basta dirottare lo sguardo verso l’alto per rendersi conto di quanto il legno sia elemento strutturale ricorrentissimo anche nelle tradizioni costruttive più lontane dalla cultura d’alta quota. Ci riferiamo alle geometrie di travi che scandiscono gli interni delle costruzioni storiche di buona parte d’Italia.

 

C’è trave e trave

A proposito di travi, c’è chi usa la parola trave al femminile e chi, invece, al maschile. Succede spessissimo. Anche sul web pullulano discussioni che, invece di guidare, confondono ancor più le idee. Potremmo dire che le due alternative non sono sbagliate ma designano significati diversi. Trave è un sostantivo femminile: si dovrebbe sempre dire “la trave” e “le travi”. Il maschile è additato come arcaico e dialettale. Ma, in edilizia, “il trave” è considerato corretto per indicare il solo elemento portante principale. Ma non si tratta di una regola. E non è affatto sbagliato usarlo al femminile. Non a caso, si parla di “trave maestra”.

 

Ritorno al vero Abc del recupero

Assodato ciò, possiamo tranquillamente dire che, nell’ambito delle nostre case antiche, le travi rappresentano l’Abc. Ci sono i pavimenti, le pareti e c’è il solaio. Un recupero architettonico che si rispetti non può prescindere da questi tre riferimenti. Che possono essere opportunamente modulati fra loro per bilanciare il gusto estetico personale, ma non cancellati.

Oggi sembra scontato dirlo. Ma nel recente passato non era così, specie per quanto riguarda i pavimenti. Davvero, non si contano le case antiche ristrutturate con cotto industriale nuovo di zecca. Una scelta personalissima, certo, che però vanifica le ambizioni estetiche del risultato e l’atmosfera antica. Molto più di quanto si possa immaginare.

Un po’ meno numerose le case che cancellano le travi originali, sostituendo quelle “ammalorate” con altre visibilmente nuove. È sempre legno. Ma il risultato non è più antico. Perché, invece, non puntare sul recupero o su espedienti in grado di rafforzare strutturalmente la trave originale senza procedere a drastiche cancellazioni? Con la guida di un bravo progettista o di un addetto ai lavori è possibile individuare la formula più adatta e rispettosa del passato.

 

Al naturale o dipinte?

Poi c’è chi mantiene le travi al naturale e c’è, invece, chi le ridipinge. Con qualsiasi colore e per le ragioni più disparate: per incrementare la luminosità degli ambienti del passato (sempre un po’ bui rispetto allo standard contemporaneo) o perché il legno originale “non piaceva” al proprietario. Giusto? Sbagliato? Potremmo dire che chi conosce realmente l’importanza di una trave antica difficilmente la tinteggia. Al contrario: la mantiene esattamente così com’è, consapevole del fascino impagabile – conquistabile solo in tempi lunghissimi e non conquistabile con altri sotterfugi – del cromatismo naturale. Un’annotazione, questa, che dovrebbe far pensare.

 

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