Il corrimano racconta
Le case antiche parlano attraverso i dettagli. Soffermandosi su certi piccoli particolari è possibile rendersi conto di quanto sia mutato tutto ciò che si reputa cristallizzato nel tempo. Prendiamo le scale. Oggi siamo abituati a immaginarle lineari e razionalmente collocate all’interno dei nostri alloggi, cinte da inferriate o da corrimano dalla conformazione altrettanto razionale.
In passato, invece, erano proiezione dello status di chi abitava una casa. A maggior ragione nelle dimore fuori città, dove le differenze erano davvero abissali. Già il concetto di “piano nobile” la dice lunga.
Rappresentanza e necessità
Nelle case aristocratiche, ricorrevano scaloni magniloquenti, di rappresentanza, formulati per incantare gli ospiti di pari livello ed evocare la propria ricchezza. La servitù poteva percorrerli solo per servizio (per pulirli, insomma, o per portare pranzo, cena e quant’altro a chi viveva “sopra”).
Il primo piano era emblema d’elevazione sociale, di rispettabilità, di lusso, di emancipazione dalla manualità di chi stava “sotto”.
Il pianterreno era associato al lavoro, alla fatica, all’operosità quotidiana…
Il secondo piano non era ambito: spesso ospitava gli ambienti domestici (più spartani di quanto si possa immaginare) della servitù. Nelle ville che abbiamo visitato, questi ambienti superiori si raggiungevano spesso per percorsi marginali, nascosti, invisibili agli occhi dei padroni.
Anche nelle case “normali”, prive di velleità di rappresentanza, ogni livello era associato a uno status. Nelle case della tradizione toscana, per esempio, il pianterreno ospitava stalle e stanze di lavoro.
Gli ambienti domestici veri e propri si trovavano al piano superiore, quasi sempre servito da una scala esterna.
Eventuali ambienti sottotetto non erano associati a una funzione realmente “domestica”. Certo: se la famiglia era numerosa, si coglieva l’occasione per ricavare qualche camera in più. Altrimenti, il sottotetto era frequentemente utilizzato come piccionaia, come essiccatoio, come magazzino…
Arrampicate avventurose
I raccordi interni sono ancor più illuminanti. Perché nelle case del passato i dislivelli d’altezza erano numerosissimi e venivano ricuciti con espedienti avventurosi. Talvolta con scalette lignee o a pioli che si inerpicavano verso una botola ritagliata nel soffitto.
Altre volte, le scale erano inglobate negli spazi di fortuna, spesso racchiuse fra pareti strette e basse (i nostri trisavoli, come tutti sanno, erano mediamente ben più piccini di noi pronipoti).
Le inferriate non erano sempre indispensabili. Servivano solo nei casi in cui la conformazione della scala si mostrava pericolosa. Come nella foto sopra, dove la ringhiera è collocata solo in corrispondenza del punto più rischioso.
Estetica e funzionalità
Nelle case meno “abbienti”, la funzionalità aveva sempre il netto predominio su qualsiasi capriccio estetico. Lo dimostra il corrimano ligneo della foto sopra. Una semplice asta di legno sgrossato alla bell’e meglio. Chi aveva qualche pretesa estetica in più si concedeva, al massimo, un ricciolo (come nella foto sotto). Niente a che vedere con i corrimano e le ringhiere fittamente elaborate o fissate alle pareti mediante elaborati perni o laboriosi interventi strutturali, che – oggigiorno, nelle case recuperate – rappresentano una divagazione, un tentativo per coniugare funzionalità ed estetica che, nelle vere case del passato, raramente coesistevano.
Tutti i corrimano documentati in questa nostra velocissima carrellata appartengono a una stessa casa. Si tratta della Locanda San Leone, a San Leo (RN). Il proprietario, invece di rivisitarli all’insegna di un antico di fantasia, ha preferito far tesoro di una sincera semplicità senza tempo. Troppo spesso dimenticata. Ma, secondo noi, emozionantissima.
Per chi volesse riassaporare con attenzione le sottigliezze – prerogativa del vero antico – confluite in quella dimora, il servizio è apparso su CasAntica 91.