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Arredare a colori

Fino a qualche anno fa, l’antico era più scuro e monotono. Pensiamo alle ville e alle case delle famiglie-bene, quelle dei nostri nonni e dei genitori innamorati dell’antiquariato. I loro ambienti puntavano spesso su pareti di un bianco piatto e uniforme (quello delle vernici ordinarie, ben diverso dal bianco della calce naturale, ben più cangiante, mutevole e luminoso) intercalato da arredi in stile in legno scuro e, spesso, finiti con cere traslucide. 

Quegli ambienti dominati dal bianco e dal marrone erano considerati eleganti, rivelatori di una sobrietà, di un buon gusto e di una ricercatezza che non somiglia più alle nuove generazioni di appassionati di recupero. Oggi, quel connubio appare triste, poco fantasioso e, più che “antico”, semplicemente “vecchio”.

Negli ultimi anni, abbiamo assistito a un progressivo svecchiamento in nome della luce e del colore. Dapprima si è puntato su pareti tinteggiate a colori forti che, anno dopo anno, si sono sempre più schiariti. Poi è stata la volta dei mobili, non più scelti in base allo stile e al pregio antiquario, bensì in base a un cromatismo naturale un po’ più leggero e luminoso, se non in mobili riverniciati e rivisitati con gusto cromatico nuovo. Quello dei mobili colorati (e delle porte, specie quelle da interno) non è un fenomeno recente. Al contrario: ha una lunghissima storia. Misconosciuta. Al punto che molti non distinguono fra mobili laccati o semplicemente verniciati.

 

La tecnica della laccatura

La laccatura è una procedura alquanto laboriosa, che conobbe una grande diffusione europea nel corso del Settecento, sulla scia dei viaggi in Oriente e della moda delle lacche cinesi. Si ottiene partendo dalla stuccatura del supporto ligneo, poi lisciato, ricoperto con colla di coniglio stesa a caldo, gessatura (una miscela di gesso stemperato in acqua e colla di coniglio). Una volta asciutta, la superficie viene levigata con carta abrasiva di grana sempre più fine. E solo a questo punto si può procedere con la coloritura e, prima ancora, con le eventuali filettature in foglia d’oro zecchino (da applicare preliminarmente alla fase pittorica).

 

Le varianti ricche e quelle povere

Esistono varianti regionali della tecnica della laccatura. Quella degli artigiani veneziani era particolarmente resistente e brillante. Prevedeva l’utilizzo di una tela da applicare al supporto trattata con gesso, coperta con tempera, decorata, dipinta e ricoperta con svariati strati di una colla-vernice detta “sandracca”. La laccatura degli artigiani genovesi, invece, era realizzata con uno strato di “cretto” (gesso su tela) di spessore inferiore rispetto ad altre tradizioni e, dunque, meno resistente all’usura del tempo. Ne esisteva anche una variante “povera”, ottenuta con colla e ritagli di carta stampata predisposti appositamente dalle tipografie.

 

Arredi dipinti della tradizione

Al contrario dei mobili laccati, quelli semplicemente dipinti non prevedevano l’utilizzo tassativo di strati di stucco, gesso e colla. Il colore era un espediente per mascherare la “povertà” del legno di partenza: abete, pioppo e altri legni teneri. A questo proposito, vale la pena sottolineare che la diffusione dei mobili dipinti in alcune tradizioni regionali ha una precisa ragion d’essere. “In Toscana, per esempio, c’è poco noce – ci ha raccontato Monica di Margheri Antichità, specializzata in arredi della tradizione toscana – E per far fronte alla scarsità di legni importanti, l’alternativa era dipingerli”. Anche in Umbria esiste una lunga tradizione dei mobili dipinti, con una leggera differenza: i mobili toscani propongono una tavolozza più chiara e luminosa; quelli umbri, sono un po’ più scuri e austeri”.

 

Tavolozza e decorazioni policrome

Anche i mobili semplicemente dipinti possono trovarsi in versione più o meno elaborata. Nelle case povere ricorrevano mobili dipinti di un solo colore (le tonalità ricorrenti nella tradizione toscana, per esempio, erano l’ocra, il bordeaux, il celeste…). Nelle case ricche, invece, ricorrevano mobili policromi, con filetti, modanature, cornici e scanalature di colore diverso. E quanto più si saliva di classe sociale tanto più gli arredi si caratterizzavano per la presenza di decorazioni rifinite. Talvolta a simulazione di altri materiali (come nel caso del cosiddetto “decoro a tessuto“, nella foto sopra, realizzato direttamente su legno con l’ausilio di mascherine). Altre volte – anche se potrebbe sembrare una bizzarria – i mobili si ridipingevano per simulare legni più pregiati, ricreati con diverso colore di fondo appropriato e venature dipinte.

 

Lo shabby chic: effetti décapé e cérusé

Lo shabby chic – termine coniato negli USA nel 1980 – ha rivelato le potenzialità di vecchi infissi, mobili e oggetti privi di valore antiquario, “invecchiabili” con poca spesa. A cominciare dalla tecnica del décapé, finitura che ha in realtà una lunga storia (le origini sono riferibili all’epoca di Luigi XV). La si può ottenere in più modi. L’importante è che lo strato di colore superficiale, chiaro, neutro o a tinte pastello, lasci intravedere la superficie sottostante, che può essere al naturale (strada consigliabile in presenza di supporti lignei dalle venature affascinanti) o verniciata di un colore più scuro (nel caso il legno abbia una struttura levigata, compatta, uniforme). Un altro effetto è il cosiddetto cérusé e consiste invece nell’esaltare le venature del legno utilizzando cera bianca.

 

Altre soluzioni: per gioco e per riciclo

Nella contemporaneità, si sono affermati altri approcci più giocosi e “easy” per colorare i mobili. Pensiamo allo stencil (che prevede l’utilizzo di mascherine riportanti motivi decorativi da replicare), alla tecnica del decoupage (realizzabile con l’ausilio di ritagli di carta illustrata applicati come adesivi) a dipinti che lasciano trasparire il letto sottostante o a veri e propri quadri sagomati utilizzati come testiera. Da qualche tempo, in sintonia con l’estetica del recupero, si è diffusa anche l’abitudine di reintegrare mobili incompleti con tocchi di colore affidati ad altri materiali, come nel caso delle maioliche e delle superfici dipinte. Una tecnica che si è estesa anche ai ripiani dei tavoli, alle cucine, alle stufe e agli elettrodomestici.

 

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