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Dietro le quinte di una villa

È uno dei fiori all’occhiello di CasAntica 109. Villa Capilupi, a Suzzara (MN), è una dimora nobiliare di campagna risalente alla fine del Cinquecento, rimaneggiata nel Settecento, cristallizzata in un passato inviolato. Nel corso del Novecento è diventata un rifugio per sfollati e, in anni più recenti, è stata addirittura trasformata in discoteca.

La costruzione, tutelata dalla Soprintendenza, è stata oggetto di un recupero strutturale che non ha intaccato l’atmosfera degli interni, ammantati di un fascino antico potentissimo. Noi abbiamo avuto la possibilità di percorrerli grazie a un’amica architetto, Simona Franti Setti, che ha rivisitato per noi gli ambienti alla luce di un gusto che abbraccia epoche, stili e riferimenti geografici straordinariamente articolati.

 

Alla scoperta degli ambienti “segreti”

Il servizio di CasAntica percorre gli ambienti più ammantati di passato. Ma c’è un’altra ala ristrutturata con approccio completamente diverso. Si tratta degli ambienti domestici riservati alla marchesa Flavia Capilupi, dolcissima padrona di casa, riconoscibili per le pareti tinteggiate e un gusto più vicino a quello delle “normali” case. Vi si accede da una delle porte che si affacciano sul grande salone di rappresentanza.

La diversa formulazione fra gli ambienti storici e quelli riadattati in anni più recenti è percepibile ancor prima di varcare la soglia: le pareti del salone, percorse da affreschi incompleti e parzialmente cancellati dal tempo, dialogano a contrasto con il primo ambiente “domestico”, dalle pareti troppo rifinite e dal cromatismo uniforme (l’effetto è immediato, ben visibile nella foto d’apertura di questa pagina e anche nella seconda foto).

 

La conservazione e la ristrutturazione

Il raffronto fra gli ambienti storici e quelli che vi proponiamo in queste pagine evoca con chiarezza la differenza che intercorre tra restauro e ristrutturazione, due termini che tanti utilizzano come sinonimi. Ma la differenza è sostanziale. Il restauro mira alla salvaguardia dell’antico e al mantenimento del preesistente. Non a caso, si parla di “restauro conservativo”. La ristrutturazione, al contrario, è una libera interpretazione, una sorta di lifting dell’antico, che viene spesso drasticamente cancellato e ricreato mimeticamente. Una contraddizione in termini.

La differenza non è mai pienamente compresa. Molti pensano che restaurare equivalga a “riportare all’antico splendore”, luogo comune assai abusato e quasi sempre usato a sproposito. In realtà, un vero restauro conservativo non è una reintegrazione mimetica dell’originale (traguardo inseguito, semmai, dalle ristrutturazioni). Bensì la conservazione delle tracce sopravvissute. Senza reintegri. Ogni nuovo intervento aggiuntivo deve essere reso perfettamente riconoscibile e identificabile. I recuperi che non circoscrivono le nuove manomissioni rientrano in un ambito che non è più conservativo.

 

L’antico riformulato

Percorrendo l’ala riformulata e raffrontandola con gli ambienti originali, entriamo chiaramente nell’ambito della ristrutturazione. L’effetto è tangibile. Gli ambienti conservano ancora una loro sottile poesia senza tempo. I pavimenti in cotto, per esempio, sono quelli originali. E anche i soffitti lignei non sono stati manomessi. Ma la percezione dell’antico, rispetto agli ambienti storici, è venuta sorprendentemente meno. Lo si scorge soprattutto negli intonaci, uniformi, troppo perfettamente a filo, caratterizzati da un cromatismo di gusto più attuale che storico. Senza considerare che la differenza fra gli intonaci e le tinte a calce rispetto a quelli in uso nella contemporaneità è sempre evidente.

Questi intonaci riconfigurano l’atmosfera, rendendola simile a quella di tante altre case dalla storia ben più compressa e generica. Ma la grande sfida del recupero architettonico, per il futuro, è la salvaguardia dell’originale. Com’è stato fatto negli ambienti storici di Villa Capilupi.

Percorrendo l’ala riformulata si scoprono una cucina, un soggiorno con camino e una stanza da letto. Particolarmente interessanti i tavoli. Quello più grande, in cucina, risale al ‘700 e ha un ripiano in abete e chiodi in legno. La stanza da letto è stata ricavata dove, in precedenza, c’era una cucina. Lo si evince da una porzione del soffitto, parzialmente annerito dalla fuliggine

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