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I confini della fantasia

Molti puntano su palizzate, inferriate o semplici siepi. I confini in muratura rappresentano un’alternativa un po’ più impegnativa. Si può scegliere fra muri a secco, in mattoni, in blocchi di pietra dalle conformazioni più varie. O anche su pareti combinate (le più ricorrenti, oggigiorno, sono quelle con basamento in cemento e barriere in legno o in metallo addossate alla vegetazione)…

I confini in muratura rappresentano un campo d’azione piuttosto complesso, in cui anche la terminologia fa la differenza. È bene distinguere fra i piccoli muretti divisori, che delineano i confini in termini relativamente poco invasivi, e i ben più impegnativi muri di cinta. Quanto più sono alti tanto più l’impenetrabilità è apertamente dichiarata.

I muretti bassi non sono definibili “di cinta” e, dunque, non sono (generalmente) assoggettati al rispetto delle distanze legali. Tre metri è l’altezza di riferimento dei muri di cinta per la maggior parte dei regolamenti comunali. Autentici colossi che presuppongono una progettazione meticolosa. L’edificazione, per esempio, presuppone una fossa profonda almeno il 30% dell’altezza complessiva.

 

Recingere nei centri storici e in campagna

Il significato e la funzionalità di queste barriere muta enormemente in relazione al contesto. E ciò che è lecito nei centri abitati (per sicurezza e, ancor di più, per segretezza) spesso non lo è in aperta campagna (dove i muri di cinta rimarcano un ruolo già virtualmente svolto dalla vegetazione e, per questo, acquisiscono un sapore più invasivo, deturpante e arbitrario). E quanto più si eccede in altezza tanto più si ostenta tacitamente l’opulenza del contenuto. In pratica, i muri di cinta delle dimore di campagna sottolineano all’ennesima potenza proprio ciò che si vorrebbe “nascondere”. A ben guardare, un paradosso.

 

 

Confini di Status

Nelle località di campagna, i muri di cinta sono storicamente associati alle ville o ai complessi contadini legati ai proprietari terrieri più ricchi. Nelle società rurali del passato, ben più autarchicamente chiuse e gerarchicamente ordinate, l’ostentazione dello status era disgiunto da qualsiasi ambiguità. I signori locali erano considerati figure guida e traino per l’intera comunità. Ed è anche per questo che le mura di cinta delle antiche costruzioni padronali, al contrario di quelli di nuova edificazione, sono ammantate di tenerezza, plausibilità e legittimità. In fondo, quei muri di cinta raccontano la storia collettiva di un luogo.

 

 

Barriere e geografia fisica

In alcune zone d’Italia la funzionalità va ben oltre lo status dei padroni di casa e le esigenze di segretezza. Vale soprattutto per i centri collinari e montani, dove la conformazione del terreno presuppone una gestione oculata dei dislivelli e dei percorsi. Pensiamo alle località che fanno tesoro di terrazzamenti e dislivelli cinti da muretti a secco. E pensiamo ad appezzamenti di terreno collocati a ridosso di pendii o declivi. In questi casi, i muri di cinta svolgono un ruolo di sicurezza in un’accezione ulteriore, del tutto sconosciuta alle dimore di città e di pianura.

 

Barriere e creatività senza barriere

Queste barriere devono sempre far tesoro del paesaggio circostante. Nei centri abitati dovrebbero armonizzarsi anche alle costruzioni confinanti. In campagna, è sufficiente richiamare stilisticamente la costruzione interna. 

In alcuni rari contesti è lecito concedersi libertà precluse altrove. Come nel caso delle barriere che vi presentiamo stavolta. Riguardano un piccolo borgo nei dintorni di Cesena, oggi trasformato in azienda agrituristica. Si chiama Castrum Sagliani. Ne abbiamo parlato su CasAntica 100. Si tratta di un antico piccolo nucleo di case abbandonato per decenni e raggruppato intorno a una chiesa. Un complesso architettonico immerso nella natura, lontano da altre interferenze architettoniche e già caratterizzato da un carattere di “rovina” che ha ispirato anche i nuovi lavori.

 

Fortificazioni ricreate

Il muretto che delimita la proprietà in corrispondenza di un declivio ci è rimasto fortemente impresso, per originalità e libertà creativa. Perché il proprietario ha potuto rimarcare i confini calcando sulla storicità del contesto. In pratica, ha realizzato un muro di cinta dall’altezza e dalla trama materica costantemente variabili, assecondando e ricucendo i dislivelli del terreno e le altezze della vecchie costruzioni interne alla proprietà.

Un muro che sembra esistere da sempre, realizzato con materiali di recupero facendo tesoro anche di qualche perno preesistente, e che richiama alla mente quel che rimane di un’antica fortificazione. L’effetto, pur immolato a un’estetica della “rovina” oggi considerata fuori moda e un po’ “cheap”, è comunque degno di attenzione. Perché qui, l’approccio si è rivelato il più naturale, appropriato e legittimo. Un normalissimo muretto lineare e minimalista sarebbe apparso ben più artificioso. Simulando l’antico in rovina, invece, il proprietario ha potuto raccordarsi alle preesistenze e creare suggestivi angoli perfettamente in armonia con il paesaggio, con settori ribassati che invitano alla fruizione e alla contemplazione della natura circostante. Un effetto che, di persona, ci è apparso in tutta la sua efficacia.

Certo si tratta di soluzioni precluse in altri scorci paesaggistici. Qui siamo veramente ai limiti dei “confini della fantasia”. Ma, per una volta tanto, nel contesto appropriato.

 

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