La nobile credenza e le sue sorelle
Il suo regno è la cucina e alzi la mano chi non ce l’ha. Impossibile farne a meno: nella credenza si conservano generi alimentari d’uso quotidiano e nei vani chiusi da sportellini trovano posto anche bicchieri, tazze, scodelle e stoviglie in genere. Nei cassetti si ripongono mestoli, posate, tovaglioli… Oltre a fungere da dispensa, il modello classico (con o senza alzata) ha un piano per disporre piatti e vivande da portare in tavola e lì di solito troneggia l’immancabile fruttiera.
La sua funzione è sia pratica, sia estetica. Per esempio la cristalliera, sua variante elegante da sala, spesso imponente e con sportelli in vetro, si usa per esporre in bella vista il servizio “buono”, insieme a porcellane, cristalli e argenteria.
E molti di noi ricorderanno la vecchia vetrina della nonna: era quella credenza massiccia e rustica, spesso addolcita da modanature e dotata di vetrine scorrevoli serigrafate con scenette pastorali.
Ecco le magnifiche sette sorelle: sette varianti di credenza scelte su La Toscana di CasAntica.
In questa foto: dettaglio di una credenza toscana in legno povero, con ante protette da una retina di ferro – un accorgimento che in passato serviva per impedire l’accesso ai topi. Questa risale al primo ‘900 ed è uno dei tesori che si possono trovare da Margheri Antichità, azienda fiorentina che raccoglie e restaura mobili antichi della campagna toscana.
Nel recupero ogni vecchio oggetto si può anche reinventare. Sfogliando La Toscana di CasAntica scopriamo che questo mobile tradizionale oggi compare anche in camera, per riporre libri e oggetti cari… e una tipica credenza toscana, corredata di retina, è diventata un arredo vintage nei Bagni di CasAntica.
Con tanti pratici cassetti e con ripiani anziché sportelli, questa credenza figura in un grazioso casale toscano. Nonostante la semplicità lineare, è un mobile antico di un certo pregio. E c’è un legame molto più antico fra la “credenza” (il mobile per definizione) e il significato di “credere”, inteso come “convinzione, fiducia, fede”.
La nascita della classica credenza, come la conosciamo oggi, è Made in Italy e risale al XVII secolo. Prima di allora non esisteva un arredo con questo nome. C’era però un mobile basso e lungo collocato nella sala dei banchetti delle case signorili. Antesignano del nostro banco buffet, serviva per disporre in bella vista i vassoi di pietanze durante i pranzi di gala.
Nella foto, un tavolone da pranzo e due evoluzioni da sala della credenza: la bassa vetrina in legno lasciato al naturale e l’alta cristalliera bianca in stile shabby-chic, entrambe con sportelli in vetro per sfoggiare i servizi pregiati. (Qui ci troviamo in una storica villa toscana, una dimora avita eretta fra il ‘400 e il ‘500, oggi aperta all’ospitalità.)
Offrire sontuosi banchetti in onore di un ospite illustre, o per celebrare un evento speciale, si faceva già sin dai tempi più antichi. Nel Medioevo divenne una prassi diffusa fra i ricchi signori, uno status symbol (diremmo oggi) e una pratica di public relation anche a sfondo politico. Il convivio spesso riuniva intorno alla tavola imbandita le famiglie avversarie, che fra una portata e l’altra celebravano la fine delle ostilità e suggellavano un patto di alleanza.
A quei tempi, un’altra pratica diffusa era quella di avvelenare gli avversari politici e un banchetto era l’occasione d’oro per attuare il piano criminoso. Così fra i nobili e in tutte le corti si diffuse un’altra usanza: “far la credenza”. Una cerimonia per conciliare l’appetito…
Fra i domestici nacque un nuovo ruolo professionale: il Maestro Credenziere. Un servo fidato che si distingueva dagli altri per una livrea particolare e con un compito ingrato: tranquillizzare i commensali che i loro cibi non erano avvelenati.
Il suo posto: in bella vista accanto al mobile “buffet” dove assaggiava ogni portata prima che fosse servita. Dopo ogni degustazione dichiarava: «Signori, vi è stato offerto servizio di credenza».
L’opera di persuasione non finiva qui. Il credenziere doveva restare in piedi nel salone sino alla fine del banchetto, offrendo prova evidente di non essere stato avvelenato lui stesso e rassicurando i convitati sulle buone intenzioni del padrone di casa.
La credenza, termine nato da questa cerimonia, in seguito designò una stanza. Sempre nelle ville signorili, si chiamò così il locale annesso alla cucina dove si conservavano le vivande. Aver cura della credenza (rifornimento incluso) e del servizio in tavola fu il nuovo compito del credenziere. Tempo dopo la definizione passò a indicare il mobile come lo conosciamo ancora oggi.
Nella foto sopra: la tavola apparecchiata per CasAntica in Casa Piccianti. L’edificio risale al 1500, epoca in cui i padroni di casa sono i Cybo-Malaspina, duchi di Massa. Oggi è una casa-museo e conserva i ricordi della Toscana più autentica. Il bellissimo mobile azzurro sullo sfondo è una credenza antica enorme, sicuramente costruita dentro questa stessa sala.
Col passare del tempo la nobile credenza si è trasformata. Non più esclusiva, è entrata nelle case di ogni ceto sociale. E rispetto al suo antenato medievale è cresciuta in altezza e funzionalità. Sono stati aggiunti un’alzata, vani, cassetti, ante, pomelli… e ogni epoca l’ha rivisitata imponendo il suo stile. Nella foto: la variante “spezzata”, senza alzata, con un mobile a terra e un pensile.
La ritroviamo in ogni cucina di CasAntica. C’è la credenza Made in Italy e c’è quella in stile provenzale (oppure inglese, tedesca, svedese…); la credenza antica d’antiquariato (rara e preziosa) e quella di modernariato; quella alta e quella bassa; il credenzone largo di fianchi e la vecchia madia per fare il pane che si usa pure come dispensa (ambedue senza alzata); c’è la dispensa vintage ereditata in famiglia o scovata in un mercatino delle pulci; c’è il mobile decapato shabby o in stile country moderno; e per chi ama i mobili artigianali c’è l’arredo su misura fabbricato con legno di recupero.
Antica, vintage o artigianale che sia, con intarsi, intagli, decori dipinti, serigrafie su vetro o anche semplicissima, la qualità del legno impiegato e la tecnica di lavorazione sono i dettagli chiave che nobilitano ogni credenza, anche la più “povera” e regalano un tocco caratteristico alla stanza che la accoglie.
Una sorella “grande” nasce nel XVIII secolo, nelle famiglie benestanti, quando la credenza talvolta si accompagna a una gemella, creando così la coppia buffet e contro-buffet. In alcune case antiche di oggi la ritroviamo in sala oppure in cucina.
Eccola in questa foto: a tutta parete, con mobili decapati bianchi e qualche piccola differenza legata alla funzionalità del piano. In quella col piano da lavoro troviamo, a incasso, il fornello e uno dei due secchiai; sul piano dell’altra si dispone il servizio da portare in tavola.
Qui la coppia di gemelle si fronteggia in una cucina molto grande (il lato più lungo misura 14 metri). Il vecchio camino e il tavolo da pranzo – che scorgiamo laggiù nella foto – trovano posto a un’estremità della stanza; sul lato opposto c’è un antico abbeveratoio per il bestiame riutilizzato come lavello (per vederlo clicca qui).
La più piccola delle sette sorelle è la credenzina, tipica dei più rustici cascinali di campagna: in sostanza è una semplice nicchia nel muro, chiusa da antine a battente di legno pieno o di vetro.
Nella foto: pratica la zona pranzo accanto alla credenzina, che si può aprire senza alzarsi da tavola. Questa è la cucina di un casolare toscano aperto all’ospitalità.
Scopri le ville storiche e i rustici casali nella Toscana di CasAntica.
Scopri altri dettagli di questa stanza su Lezioni di cucina toscana: il lavello.