Lezioni di cucina toscana: il lavello
Innanzitutto, che differenza c’è fra lavello e lavandino?
Entrambi i termini indicano un recipiente fornito di acqua corrente e di scarico. Più propriamente il lavandino o lavabo indica il sanitario da bagno che usiamo per lavare le mani. E c’è anche anche il cosiddetto lavamani: in sostanza un lavabo di piccole dimensioni, ideale per spazi ristretti o per bagni di servizio.
Il lavello o acquaio indica la vasca che utilizziamo in cucina. Si dice anche secchiaio, un termine popolare che deriva dal dialetto, con le debite varianti regionali. Per esempio in Veneto si chiama seciàro, perché è il posto dove si mettono le sécie (ossia i secchi); in Friuli si chiama seglâr e seglòt è il secchio; in Romagna è lo schièr (che si pronuncia “scièr”, senza la H e con la C dolce di Cesena).
In una casa ristrutturata il lavello può essere di tre tipologie: nuovo, recuperato o – sempre nell’ambito dei materiali di recupero – reinventato da un altro oggetto o contenitore. Sfogliando La Toscana di CasAntica ne abbiamo scelti tre. Ingrediente comune: la pietra locale di recupero. Ciascuno di essi rappresenta una delle tre tipologie e fa da filo conduttore in tre case toscane, caratterizzate dal gusto (e le emozioni) di chi le abita. Il risultato: funzionalità pratica, piacevolezza estetica e un’atmosfera unica, speciale.
Una cucina luminosa e ricca di personalità. Insolita per profondità e ampiezza (3,30 x 14 metri), è stata ricavata abbattendo una parete fra due stanze comunicanti.
Su un lato c’è la cucina vera e propria con fornello, vecchio camino e angolo pranzo, mentre sul lato opposto troneggia questo enorme e antico abbeveratoio in pietra, trasformato in acquaio.
«Abbiamo pensato di collocarlo qui e, curiosamente, le misure erano perfette», ci ha raccontato la padrona di casa, aggiungendo una riflessione: «Ho sempre pensato che siano gli oggetti a cercare noi, e non viceversa. E l’abbeveratoio lo testimonia. Anche se, per farlo entrare, abbiamo dovuto aprire una parete».
La ricetta di questa casa toscana? Luminosità, accoglienza e virtuosismi del recupero. Ecco perché un suo ambiente ha meritato la copertina della Toscana di CasAntica. A proposito, ci troviamo vicino a Prato, in un rustico casale toscano del ‘700 trasformato in dimora elegante. E dobbiamo questa scoperta al gentilissimo Alessio Zona del Gruppo Edilzona, l’impresa che ha fornito i materiali di recupero e ha curato materialmente la formidabile ristrutturazione.
Ci spostiamo a Bagnone, un caratteristico paesino con le abitazioni in pietra, affacciato sulla Lunigiana. Nel borgo abbiamo scoperto un’accogliente casa ristrutturata che risuona di confidenze e memorie. La sua ricetta: affettuosa intimità.
In cucina, per esempio, c’è questo antico acquaio in pietra dove una volta la mamma del padrone di casa lavava i piatti nel suo ristorante. Anche le vecchie pentole in rame sono ricordi di famiglia.
Nella foto: dettaglio del vecchio acquaio della mamma. Quando è stato portato qui, è stato aggiunto il piano in pietra che lo affianca, un complemento esteticamente perfetto nel contesto, per la tonalità e la grana del materiale. Sembra davvero sia nato insieme al lavello.
La rubinetteria è moderna ma dal design retrò, in ottone dorato. L’effetto di doratura non si usa solo per ragioni estetiche ma anche perché rende più durevoli nel tempo gli oggetti, specie quelli di metallo. E l’ottone è un materiale difficile a ossidarsi.
Ci trasferiamo nel Pistoiese. Questo lavello è nuovo ma ben concepito: è stato scavato nel piano di pietra serena, trasportata da una cava locale. Anche qui, rubinetto in ottone. E graziosi vasi e vasetti artigianali dipinti a mano: l’assortimento dei manufatti artistici, per varietà di forma e decori etnici, indica che sono stati acquistati in tempi diversi. È una piccola collezione.
In cucina c’è sempre qualche scaffale che ospita le piccole “manie” della padrona di casa (vasellame tipico di qualche regione italiana o estera, piatti del buon ricordo o antologie di oggetti cari come le vecchie moke allineate in fila). Ma qui non siamo in cucina…
Prima sorpresa: il lavello di servizio si trova in sala da pranzo.
Incorniciato da un portale con due piedritti e un architrave in pietra serena scolpita, evoca un piccolo tempio dedicato alla preziosa acqua e ai suoi rituali. Ne immaginiamo anche la praticità: acqua corrente, fresca, sempre a disposizione, per risciacquare le mani fra una portata e l’altra oppure per riempire la caraffa per bere a tavola.
Altra sorpresa: questa casa non è antica. È stata costruita ex novo, da zero, utilizzando solo materiali di recupero e della zona. Buona parte della pietra arriva dalla cava locale, mentre le travi in legno dei soffitti e altri materiali edilizi recuperati (inclusi svariati arredi) provengono dalle campagne toscane.
Il risultato è così fragrante, così bilanciato nella sua “toscanità” da ingannare persino gli addetti ai lavori più pignoli. La ricetta? Una formidabile passione per il recupero e l’antiquariato che i proprietari (una coppia) condividono e una buona dose di creatività. Quanto basta.
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